Il diritto alla privacy è sacro, certo, ma ci sono dei limiti quando si ha a che fare con i rapporti di vicinato. Fino a che punto in nome del proprio diritto alla privacy si può precludere il diritto di veduta del vicino? O meglio possiamo evitare con delle opere che il vicino ficchi il naso dentro la nostra proprietà?
Un chiarimento arriva dalla Corte di Cassazione che nell’ordinanza n.7269/2014 ha ricordato che costruire nuove opere per proteggere la propria privacy dal vicino è possibile solo se queste non violino le distanze e non ostacolino (entro certi limiti) i diritti di veduta del vicino.
Nel caso esaminato dai giudici di piazza Cavour a un condomino era stato concesso il diritto di trasformare il balcone in una veranda a patto però che questa rimanesse nell’ambito del proprio perimetro, senza debordare da esso e senza togliere visuale al terrazzo sovrastante.
Il ricorrente (che aveva costruito la veranda) aveva affermato di aver realizzato l’opera sul perimetro del suo balcone senza compromettere il diritto di veduta del proprietario che abitava nell’appartamento sovrastante dato che quest’ultimo poteva pur sempre guardare in avanti e verso il basso (appiombo). Il ricorrente faceva anche presente che nelle previsioni dell’articolo 907 del codice civile non è prevista una facoltà di veduta verso l’interno della sottostante proprietà.
In realtà l’autore della veranda aveva anche realizzato una tettoia e in cassazione aveva sostenuto che detta tettoia faceva parte dell’esercizio del suo diritto, come condomino, di servirsi della cosa comune.
Insomma secondo il ricorrente bisognava considerare possibili le opere dirette a precludere che gli abitanti dei piani superiori potessero guardare all’interno dell’appartamento sottostante.
La Corte, esaminando i motivi del ricorso ha fatto rilevare innanzitutto che nel caso di specie si tratta di un ostacolo di veduta limitato a un’area privata (Il balcone sottostante).
In materia ci sono state già delle precedenti decisioni della stessa Corte e, in base a tali precedenti, si deve ritenere che “il condomino che abbia trasformato il proprio balcone in veranda, elevandola sino alla soglia del balcone sovrastante, non e’ soggetto, rispetto a questa, all’osservanza delle distanze prescritte dall’articolo 907 c.c., nel caso in cui la veranda insista esattamente nell’area del balcone, senza debordare dal suo perimetro, in modo da non limitare la veduta in avanti e appiombo del proprietario del balcone sovrastante; e’ invece soggetto alla normativa sulle distanze quando la costruzione insista su altra area del terrazzo non ricadente in quella del sovrastante balcone”.
Insomma va salvaguardato il diritto di veduta diretta ed obliqua che comprende senz’altro anche la possibilità di “inspicere e prospicere in avanti ed appiombo” ma non si può ipotizzare un diritto a “sogguardate verso l’interno della sottostante proprieta’ coperta dalla soglia del balcone”.
Detto questo la Corte fa notare che nel caso di specie, però, il ricorrente aveva costruito una tettoia che aveva precluso la visuale da una finestra impedendo effettivamente il diritto di veduta appiombo.
La Corte ricorda inoltre che “l’articolo 907 c.c., che vieta di costruire a distanza inferiore di tre metri dalle vedute dirette aperte sulla costruzione del fondo finitimo, pone un divieto assoluto, la cui violazione si realizza in forza del mero fatto che la costruzione e’ a distanza inferiore a quella stabilita, a prescindere da ogni valutazione in concreto se essa sia o meno idonea ad impedire o ad ostacolare l’esercizio della veduta”.
Fonte: http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_15696.asp