Il Permesso di Costruire è il titolo abilitativo edilizio attraverso il quale, ai sensi del Capo II, Permesso di costruire, Sezione I, Nozione e caratteristiche, artt. 10-15 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia aggiornato con le successive modifiche ed integrazioni e s.m.i., può essere concessa l’esecuzione dei seguenti interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio:
- a) interventi di nuova costruzione come definiti dall’art. 3, 1° comma, lett. e) del d.p.r. n. 380/2001 e s.m.i;
- b) interventi di ristrutturazione urbanistica, rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.
- c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso.
Il Permesso di Costruire :
- a) è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo, è trasferibile, insieme all’immobile, ai successori ed aventi causa;
- b) non incide sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del suo rilascio, non comporta limitazione dei diritti di terzi, è irrevocabile ed oneroso.
L’art. 15 del d.p.r. n. 380/2001 dispone in merito all’efficacia temporale e decadenza del permesso di costruire e prevede che nel permesso di costruire sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori; che il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo mentre quello di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere completata non può superare i tre anni dall’inizio dei lavori.
Dunque il Permesso di Costruire è un provvedimento amministrativo sottoposto a termini perentori di inizio e di ultimazione dei lavori; anche se «entrambi i termini possono essere prorogati, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso».
Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza venga richiesta una proroga che può essere accordata, con provvedimento motivato, esclusivamente in considerazione della mole dell’opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari.
Il comma 3 dell’art. 15 del T.U. sull’edilizia prevede, altresì, che «la realizzazione della parte dell’intervento non ultimata nel termine stabilito é subordinata al rilascio di nuovo permesso per le opere ancora da eseguire, salvo che le stesse non rientrino tra quelle realizzabili mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell’articolo 22».
Inoltre, ai sensi del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia (convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98), art. 30, comma 3, si dispone che «salva diversa disciplina regionale, previa comunicazione del soggetto interessato, sono prorogati di due anni i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all’articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001, n. 380, come indicati nei titoli abilitativi rilasciati o comunque formatisi antecedentemente all’entrata in vigore del presente decreto, purchè i suddetti termini non siano già decorsi al momento della comunicazione dell’interessato e sempre che i titoli abilitativi non risultino in contrasto, al momento della comunicazione dell’interessato, con nuovi strumenti urbanistici approvati o adottati».
Ciò premesso, è del tutto evidente come l’art. 15 del d.p.r. n. 380/2001 faccia riferimento agli istituti della decadenza, della proroga e del rinnovo del permesso di costruire, sui quali ha statuito il Consiglio di Stato, Sez. IV, con la Sentenza n. 1013, del 4 marzo 2014.
L’art. 15 del d.p.r. n. 380/2001, ad avviso della Suprema Corte, «mette in luce l’esistenza di un diverso regime che distingue, da un lato, il provvedimento di decadenza da quello di proroga e, all’interno delle tipologie di proroga, quella determinata dal sopravvenire di un fatto esterno da quella determinata da profili ontologici dell’opera».
La differenza tra la decadenza e la proroga, nella sentenza de qua, è legata al fatto che la decadenza del provvedimento è connessa ai soli presupposti di legge, mentre la proroga è caratterizzata dalla scelta discrezionale.
La decadenza ad avviso della Suprema Corte «ha carattere meramente dichiarativo di un effetto verificatosi ex se, in via diretta, con l’infruttuoso decorso del termine prefissato con conseguente decorrenza ex tunc».
In merito era già intervenuto il Consiglio di Stato (sez. IV, 21 agosto 2013, n. 4206 ), rilevando che «la pronunzia di decadenza del permesso di costruire, che riceve ora una puntuale disciplina all’art. 15, comma 2, del d.p.r. n. 380 del 2001, sia connotata da un carattere strettamente vincolato, dovuto all’accertamento del mancato inizio e completamento dei lavori entro i termini stabiliti dal cit. art. 15, comma 2, (rispettivamente un anno e tre anni dal rilascio del titolo abilitativo, salvo proroga) ed ha natura ricognitiva del venir meno degli effetti del permesso a costruire per l’inerzia del titolare a darvi attuazione. Pertanto, un tale provvedimento ha carattere meramente dichiarativo di un effetto verificatosi ex se, in via diretta, con l’infruttuoso decorso del termine prefissato con conseguente decorrenza ex tunc (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, 4 aprile 2013, n. 1870).
La sentenza in esame (C.d.S. n. 1013/2014), evidenzia che, invece, «la proroga dei termini stabiliti da un atto amministrativo ha la natura giuridica di provvedimento di secondo grado, in quanto modifica, ancorché parzialmente, il complesso degli effetti giuridici delineati dall’atto originario (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 18 settembre 2008, n. 4498)».
Nell’ambito della materia edilizia, la differente qualificazione tra provvedimenti di rinnovo del Permesso di Costruire e di proroga dei termini di ultimazione dei lavori è riscontrabile nel senso che, mentre il rinnovo della concessione presuppone la sopravvenuta inefficacia dell’originario titolo edilizio e costituisce, a tutti gli effetti, una nuova concessione, la proroga è provvedimento amministrativo sfornito di propria autonomia che accede all’originaria concessione ed opera semplicemente uno spostamento in avanti del suo termine finale di efficacia.
La proroga è quindi disposta con provvedimento motivato sulla scorta di una valutazione discrezionale, che in termini tecnici si traduce nella verifica delle condizioni oggettive che la giustificano, tenendo presente che, proprio perché il risultato è quello di consentire una deroga alla disciplina generale in tema di edificazione, i presupposti che fondano la richiesta di proroga sono espressamente indicati in norma e sono di stretta interpretazione.
A parere della Consiglio di Stato «la proroga possa aver luogo per factum principis, ossia, come afferma la norma, “per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso” o per ragioni collegate alla natura dell’opera, ossia “esclusivamente in considerazione della mole dell’opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari».
Il Consiglio di Stato ha affrontato la questione della differenza tra la categoria del rinnovo e della proroga anche relativamente alla Concessione, ribadendo (Sez. II, 26 agosto 2014, n. 2760) che «che la nozione di “rinnovo” non va confusa con quella di “proroga” dello stesso titolo concessorio, ovvero con la protrazione dell’efficacia nel tempo dell’originaria concessione: ipotesi, quest’ultima, che ricorre sul piano sostanziale quando il medesimo rapporto concessorio venga fatto proseguire, a beneficio del precedente titolare, ex lege o a fronte di una sola domanda, presentata prima della scadenza del titolo (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. Stato, VI, 26 maggio 2010, n. 3348 e 1 febbraio 2013, n. 626). Il “rinnovo” comporta invece un nuovo atto concessorio che ha il medesimo oggetto, ma non necessariamente il medesimo destinatario: tale fattispecie comporta la volontà dell’amministrazione di rinnovare un affidamento in concessione (anziché far cessare qualsiasi affidamento del genere), ma non implica la reiterazione in toto, anche dal punto di vista soggettivo, del titolo precedente».
Prof. Luigino SERGIO (già Direttore Generale della Provincia di Lecce; esperto di organizzazione e gestione degli enti locali).
Fonte: http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_16437.asp